Il legame con i genitori: uno strumento per imparare a crescere
L’impresa più difficile dell’essere genitori è lasciare che le nostre speranze per i figli abbiano la meglio sulle nostre paure.
(Ellen Godman)
È attraverso il legame che si instaura con i genitori che il bambino, fin dalla nascita, sviluppa la propria visione del mondo e dell’altro: mamme e papà equilibrati, sicuri, sereni aiuteranno il piccolo a diventare un adulto indipendente, aperto e positivo.
Al contrario, genitori freddi, distaccati, poco presenti e poco empatici rischiano di rendere il figlio poco autonomo, timoroso e ansioso.
È anche attraverso le regole e i no che la coppia genitoriale comunica il proprio amore al figlio, che sviluppa così le abilità per comprendere il mondo che lo circonda.
Lo stesso si può dire nel caso delle adozioni: mamma e papà dovranno accogliere il bambino, comunicargli delle regole e farlo sentire parte del nucleo famigliare, in modo da ricostruire la sua fiducia in se stesso e negli altri.
Cosa significa essere genitore? L’importanza delle regole.
La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli è come andare avanti senza di loro.
(Frank A. Clark)
Cosa significa essere genitore?
Significa offrire ai figli, fin da piccoli, gli strumenti per affrontare il mondo che li circonda, in modo da costruirne l’autostima e dare loro la capacità di stabilire relazioni positive con gli altri.
E come si educano i figli?
Attraverso il legame che stabiliamo con loro.
È proprio il tipo di relazione che si crea tra genitore e figlio a determinare la qualità delle relazioni che il bambino stabilirà nel corso della sua vita con le altre persone e con il mondo.
Come si stabilisce un legame sano e sereno tra genitore e figlio?
Con una giusta combinazione di affetto, fiducia e regole.
Infatti, non bisogna avere paura di mettere il bambino di fronte alle regole: esse permettono al piccolo di avere un “manuale” con il quale interpretare il mondo, valutare un ampio numero di situazioni e affrontarle con sicurezza.
Pensateci bene: anche noi adulti abbiamo bisogno di regole, perché ci consentono di leggere e interpretare con relativa sicurezza, grazie a uno “schema” prevedibile e rassicurante, le situazioni in cui ci troviamo a operare.
Quindi, le regole sono ancora più importanti per il bambino, perché gli fanno capire che i genitori sono pronti a proteggerlo e, allo stesso tempo, desiderano mostrargli il mondo e il modo migliore per agire all’interno di esso.Creare un legame attraverso i no e il genitore autorevole.
Un “no” non è necessariamente un rifiuto dell’altro o una prevaricazione; può invece dimostrare fiducia nella sua forza e nelle sue capacità.
(Asha Phillips)
Uno dei punti fermi dell’educazione di un bambino è non assecondarne sempre le richieste e i capricci: come insegna un famoso libro della psicoterapeuta infantile Asha Phillps, ci sono anche “i no che aiutano a crescere”!
Un esempio classico: il bambino che rifiuta di dormire nel lettino e pretende di addormentarsi sempre e in ogni circostanza in braccio alla mamma. Spesso il genitore cede, spaventato da pianti e capricci, ma questo non fa che confermare l’idea che il lettino è un posto “non sicuro”.
Bisogna invece abituare il bambino a dormire anche senza la mamma, rassicurandolo con voce tranquilla per fargli capire che il lettino è un posto accogliente e sicuro quanto il corpo della madre.
In questo modo:
– Il genitore non cede al capriccio
– Il genitore trasmette sicurezza al bambino, mostrandogli che la cosa che lui teme in realtà è innocua
– Il genitore fa capire al piccolo di avere fiducia in lui e nella sua capacità di affrontare qualcosa di cui ha paura. Ecco che in questo modo ne viene rafforzata l’autostima.
Un genitore che non asseconda sempre i capricci del figlio gli regala qualcosa di prezioso: l’occasione di imparare a confrontarsi con la realtà e la possibilità di affrontare una situazione per lui sgradevole in piena autonomia.
Per un bambino, poi, è decisamente frustrante vedere che mamma e papà si piegano sempre alle sue richieste: questo gli dimostra che i genitori sono deboli e che, in quanto tali, non saranno grado di difenderlo in caso di pericolo.
Infatti, un bisogno fondamentale, a qualunque età, è quello di essere desiderati, voluti, accettati e amati per ciò che si è. Nei bambini, a questo bisogno si dà risposta anche attraverso le regole. Un bambino i cui comportamenti ostili vengono sempre assecondati, quindi, è un bambino del quale vengono ignorati gli aspetti negativi. Il piccolo viene lasciato solo ad affrontarli, ma senza i mezzi per farlo e potrà chiedersi: “mamma e papà mi amano solo quando sono bravo o anche quando faccio i capricci? Perché non mi aiutano a gestire anche quello che mi fa paura e che non capisco?”. Ecco che l’assenza di regole apre il campo alla rabbia, al senso di insicurezza e di instabilità.
È compito del genitore autorevole comunicare l’importanza di seguire determinate norme: il bambino saprà così di avere in lui una guida alla quale appoggiarsi nella scoperta del mondoAttenzione: abbiamo detto autorevole, non autoritario!
Qual è la differenza?
Il genitore autoritario vuole controllare il figlio esercitando su di lui un potere assoluto che si esprime in regole inflessibili, che non tengono conto in nessun caso della sua personalità e dei suoi desideri. Ogni volta che un ordine di mamma o papà viene messo in discussione, piovono pesanti punizioni mirate a ristabilire il controllo.
Questo tipo di genitore raramente loda i progressi del bambino e mostra di esserne orgoglioso; più spesso critica o non esprime le proprie emozioni.
Il genitore autorevole, invece, pur fissando le regole e facendole rispettare, è in grado di trovare un equilibrio tra fermezza e comprensione, capacità di mediazione e severità.
Mantiene le promesse, non concede una cosa al figlio per poi negargliela senza motivo, non utilizza ricatti emotivi (“se non vieni subito me ne vado senza di te!”; “se non smetti di piangere la mamma non ti vuole più bene”), rispetta il punto di vista del bambino e dimostra di essere orgoglioso di lui: un genitore autorevole crescerà figli autonomi, sicuri, con una buona autostima, cooperativi, assertivi e aperti al confronto.
I quattro tipi di attaccamento ai genitori.
“Se il fatto che i bambini piccoli non siano mai completamente o troppo a lungo separati dai genitori fosse diventato parte della tradizione, credo che molti casi di sviluppo nevrotico del carattere sarebbero stati evitati.”
(John Bowlby)
È nei primi anni di vita dei bambini che si crea l’attaccamento ai genitori, cioè le persone che li amano e che offrono una serie di regole necessarie per affrontare i pericoli del mondo esterno.
Come si manifesta l’attaccamento? Attraverso la ricerca di vicinanza all’adulto, ad esempio con sorrisi, pianti, vocalizzi, braccia alzate per essere presi in braccio ecc.
L’obiettivo è ottenere il contatto con la “figura di attaccamento”, termine coniato dallo psicologo John Bowlby.
Cos’è la figura di attaccamento?
È la persona che il bambino vede come un “porto sicuro” dal quale staccarsi per esplorare il mondo e al quale fare ritorno in cerca di conforto.
Più la figura di attaccamento è solida e affidabile, più il bambino svilupperà fiducia in sé, affidabilità e autonomia.
È importante dire che, di solito, la figura di attaccamento è rappresentata dai genitori, ma nulla vieta che il bambino la identifichi in altre persone esterne alla famiglia: la cosa fondamentale è che vengano garantite protezione e sicurezza.
L’attaccamento mostrato da un bambino è sempre condizionato dal modo in cui i genitori lo trattano e reagiscono alle sue richieste, e può essere classificato in quattro tipi:
1) Attaccamento sicuro
Il bambino ha fiducia nei confronti dei genitori, perché sa che da loro riceverà affetto, sostegno, comprensione e indicazioni sicure su come comportarsi con gli altri.
L’atteggiamento sereno dei genitori lo incoraggia a mettersi alla prova e ad esplorare l’ambiente che lo circonda in modo indipendente.
In caso di riavvicinamento alla figura di attaccamento dopo un periodo di distacco, il bambino sicuro va verso il genitore, lo saluta, ne cerca il contatto, chiede di essere rassicurato e consolato.
I bambini che dimostrano un attaccamento sicuro sono positivi, autonomi, affidabili, in grado di affrontare serenamente il distacco dai genitori, fiduciosi nei confronti degli altri e delle proprie capacità.
Avranno migliori risultati scolastici e buoni rapporti con i coetanei, forte autostima, scarse possibilità di sviluppare disagi psicologici o depressione, soddisfazione verso il proprio stile di vita, capacità di esprimere i propri bisogni.
Secondo le ricerche, in Italia la percentuale di bambini che dimostra un tipo di attaccamento sicuro oscilla tra il 41,9% e il 44,2%.
2) Attaccamento ansioso – ambivalente
Il bambino non è sicuro del fatto che i genitori ci saranno sempre per lui e che lo sosterranno in ogni circostanza.
Per questo non si stacca mai da loro, ha paura dell’ambiente che lo circonda e attende con ansia sproporzionata il ritorno di mamma e papà.
Succede soprattutto nel caso di genitori che “oscillano” nelle loro dimostrazioni di affetto e protezione, che spesso ricorrono alla minaccia di lasciare da solo il figlio se non si comporta bene o che sono costretti a lunghe separazioni.
In questo ultimo caso, il ritorno della figura di attaccamento non è sufficiente per consolare il bambino, rassicurarlo e calmarlo.
Spesso il piccolo mostra comportamenti contraddittori: a volte cerca la vicinanza e il contatto con i genitori, altre volte li respinge o si dimostra indifferente nei loro confronti.
È poco autonomo, ansioso, spesso angosciato, non ha fiducia nelle proprie capacità ma vede gli altri come affidabili e cerca di appoggiarsi a loro per ricevere la sicurezza che cerca.
I bambini italiani che rientrano nel gruppo ansioso – ambivalente vanno dal 14% al 16,3 %.
3) Attaccamento ansioso – evitante
Il bambino non ha fiducia verso le figure d’attaccamento, dalle quali si sente rifiutato e messo in secondo piano. Il piccolo si sforzerà quindi di vivere senza aspettarsi amore e aiuto da parte degli altri, facendo esclusivo affidamento sulle proprie capacità.
Genitori poco affettuosi, che respingono il figlio nel momento del bisogno, favoriscono questo tipo di attaccamento.
I bambini che rientrano in questa categoria si dimostrano insicuri, convinti del disinteresse dei genitori, vedono gli altri come inaffidabili e sono decisi a contare solo sulle proprie forze.
Proprio per questo, in caso di riunione dopo un distacco, i bambini del tipo ansioso – evitante dimostrano poco entusiasmo per il rientro del genitore, lo ignorano, riducono al minimo la ricerca di contatto o continuano a giocare come se niente fosse: non vedendo la madre o il padre come un punto di riferimento sicuro, in situazioni di disagio sono già abituati a consolarsi autonomamente, senza rivolgersi all’adulto.
Nel nostro Paese, la percentuale di bambini che rientra in questo gruppo raggiunge il 39,5%.
4) Attaccamento disorganizzato – disorientato
Spesso i bambini vittime di abusi o con traumi da abbandono presentano atteggiamenti contraddittori e disorientati, favoriti soprattutto da genitori con gravi problemi come tossicodipendenza, alcolismo o disturbo bipolare, i cui comportamenti possono essere imprevedibili, violenti, altalenanti.
Il bambino piange, ha scoppi di rabbia che lo spingono a buttarsi sul pavimento, oppure è insicuro, con un linguaggio del corpo che denota rigidità, ansia e apprensione.
Questo perché il piccolo non è in grado di dare un senso alla situazione in cui si trova e non sa verso chi orientare il proprio bisogno di affetto. Non c’è una strategia che determina la relazione con il genitore, le cui reazioni sono troppo imprevedibili per offrire stabilità emotiva.
É interessante notare come il comportamento disorientato non si manifesta quando il bambino è da solo, ma esclusivamente quando si trova in presenza della figura di attaccamento.
È difficile che, una volta sviluppato, uno schema di attaccamento venga modificato: questo perché i genitori raramente cambiano il modo con cui interagiscono con i figli e perché gli schemi di comportamento tendono a rimanere stabili.
Ad esempio, un bambino sicuro, indipendente, autonomo, soddisfatto scatena nei genitori reazioni positive; un bambino ansioso, che fa i capricci, si dispera quando mamma e papà non ci sono, invece, scatenerà nei genitori delle reazioni negative.
Quindi, instaurare con i figli un rapporto sano ed equilibrato fin dalla nascita è fondamentale per offrire loro la possibilità di sviluppare una personalità autonoma, aperta e positiva.
L’attaccamento morboso verso i figli e i suoi effetti.
Bisogna educare i figli, ma è anche necessario che si educhino da soli.
(Ernest Dimnet)
Esistono anche genitori morbosamente attaccati ai figli, che in genere rientrano in tre categorie:
1) Genitori iperprotettivi, troppo invadenti, eccessivamente intimoriti dai pericoli in cui il bambino potrebbe incorrere o desiderosi di essere “perfetti”.
Il figlio tende a sviluppare un attaccamento insicuro e una personalità poco autonoma: l’eccessiva protezione, infatti, fa credere al bambino di non essere capace di fare le cose, e gli impedisce di sviluppare la libertà necessaria per mettersi alla prova.
Spesso, i genitori iperprotettivi sono profondamente insicuri, e questa insicurezza si riversa anche sul bambino che, una volta adulto, potrebbe soffrire di ansia e depressione.
2) Genitori che vogliono proteggere il bambino da ogni tipo di frustrazione, sostituendosi a lui nelle scelte difficili.
Facendo questo, mamma e papà negano al bambino la possibilità di testare i propri limiti, di crescere mentalmente ed emotivamente: è anche attraverso le difficoltà che i bambini sviluppano creatività, assertività, capacità di mediazione e flessibilità.
Se i genitori si sostituiscono a lui, quindi, il piccolo imparerà ad aspettare che siano gli altri a risolvere i suoi problemi, perché non si sentirà all’altezza di affrontarli in modo autonomo.
Inoltre, non sarà in grado di gestire la frustrazione derivante da richieste o capricci non soddisfatti, sviluppando così eventualmente fobie, attacchi d’ansia, panico.
3) Genitori colpevolizzanti, soffocanti, che controllano ogni movimento del figlio, bisognosi del suo amore e della sua vicinanza.
Il figlio non viene lasciato libero di sviluppare la propria personalità, al punto che fatica a differenziare i propri gusti e opinioni da quelli dei genitori. Non pensa di avere diritto ai propri spazi, e concepisce la propria esistenza come dipendente dalla loro volontà.
Avrà quindi forti difficoltà a sviluppare autonomia e senso di autostima, e porrà sempre un’attenzione ansiosa agli stati d’animo dei genitori.
Il bambino con figure di attaccamento soffocanti cercherà, a un certo punto, di porre dei limiti e di ritagliarsi i propri spazi, ma sempre con un forte senso di colpa, frustrazione e rabbia.
I modelli di attaccamento tra genitori e figli adottivi.
L’adozione è l’incontro di due desideri: uno inconsapevole, quello del bambino, e l’altro consapevole, quello dei genitori, accomunati dal fatto di aspirare a qualcosa che non si conosce ma si sente indispensabile.
(Monica Toselli)
Nella vita di un bambino adottato, soprattutto se già grande, possono esserci state esperienze negative all’interno della famiglia di origine, figure di riferimento non adeguate, addirittura abusi o traumi.
I neo genitori devono quindi considerare la possibilità che si manifestino modelli di attaccamento disorganizzato – disorientato.
I bambini adottati, infatti, possono dimostrare insicurezza, bassa autostima, passività, attaccamento morboso all’adulto o, all’opposto, eccessiva autosufficienza, capacità di auto consolazione, diffidenza, aggressività verso i nuovi genitori e gli estranei.
È però possibile aiutarli a recuperare sicurezza, autonomia, fiducia in se stessi e negli altri, modificando così il modello di attaccamento dominante.
Gli esperti definiscono cinque strategie per costruire il rapporto con i figli adottivi:
1) Promuovere la fiducia nella disponibilità
Il genitore deve conquistare e mantenere la fiducia del bambino, comunicandogli a livello verbale e non verbale la propria disponibilità e protezione. Questo permetterà al piccolo di diventare più sicuro e di esplorare con maggiore tranquillità l’ambiente che lo circonda.
2) Promuovere la funzione riflessiva
Il genitore deve aiutare il bambino a riflettere sulle sue esperienze e ad esprimere i propri sentimenti. In questo modo, la madre e il padre dimostrano di interessarsi al vissuto del figlio, esprimono appoggio, lo aiutano a dare forma alle proprie emozioni e a costruire una visione più gestibile del mondo.
3) Promuovere l’autostima
Come abbiamo scritto nel paragrafo dedicato ai “no che aiutano a crescere”, un bambino sa di essere amato quando ogni aspetto di lui, positivo o negativo, viene accettato. È quindi necessario rispondere adeguatamente alle manifestazioni di rabbia o frustrazione del bambino, valorizzando allo stesso tempo i suoi progressi e dimostrando fiducia nei suoi confronti. In questo modo, la sua autostima verrà rafforzata, gettando le basi per una migliore comprensione di sé e del mondo.
4) Promuovere l’autonomia
Il genitore deve far sapere che le idee e i bisogni dei figli adottivi sono presi in considerazione e accettati. In questo modo si stimola la capacità di mediazione e compromesso.
5) Promuovere l’appartenenza alla famiglia
I genitori adottivi devono essere in grado di far sentire il bambino davvero parte della sua nuova famiglia, includendolo in ogni attività.
Allo stesso tempo, è necessario capire quanto i bambini sentono di appartenere ancora alla famiglia di origine.
Come linea generale, i genitori adottivi devono essere in grado di mantenere un atteggiamento equilibrato e di comprendere che eventuali comportamenti provocatori sono determinati dalle esperienze negative pregresse. Alla base di queste manifestazioni ci sono dolore, sofferenza, paura di essere nuovamente abbandonati.
Il bambino deve essere incoraggiato ad esprimere le proprie emozioni attraverso una presenza costante e paziente dei genitori: in questo modo, si trasmette la consapevolezza che mamma e papà sono attenti, amorevoli, “accoglienti”, diversi da eventuali figure di attaccamento negative avute prima dell’adozione. Conoscere a fondo il vissuto del bambino può essere molto utile in questo senso.
Inoltre, non bisogna avere paura di fissare le regole: come abbiamo scritto all’inizio dell’articolo, dare delle norme di comportamento fa capire al bambino che i genitori tengono alla sua sicurezza e che vogliono offrirgli una “bussola” morale per capire il mondo.
Per il bambino, l’adozione è l’inizio di una nuova vita che può permettergli di modificare la diffidenza verso gli adulti e il mondo: un giusto equilibrio tra autorevolezza e amore insegna al piccolo a gestire le esperienze negative e a cogliere il meglio che la nuova famiglia può offrire.
Studi recenti hanno mostrato che madri adottive sicure, senza stati mentali “irrisolti”, sono in grado di trasmettere queste qualità anche ai figli, e che questi hanno maggiori possibilità di modificare la propria concezione di sé, degli altri e del mondo in generale in senso positivo.
Un genitore è sempre un genitore, che si prenda cura di un figlio biologico o di un figlio adottato: se il tipo di attaccamento che si propone è sicuro, il bambino si sentirà accolto e protetto, sviluppando così le proprie capacità mentali ed emotive al massimo delle loro potenzialità.
Le psicologhe di Studio PPT, studio di psicologia a Torino, sono specializzate anche nella psicoterapia infantile: per maggiori informazioni è possibile chiamare il numero 338 8107973 o inviare una mail a info@puntopsicoterapiatorino.it
Supporto alla genitorialità Torino – approfondimenti
1) Quattro articoli in cui si approfondiscono l’importanza di dare regole precise ai bambini, gli stili educativi e l’importanza dell’ascolto emotivo:
http://www.psicologi-torino.com/1/qualche_mio_articolo_3937964.html
2) La genesi della teoria dell’attaccamento, gli studi di John Bowlby, l’indagine “Strange situation” di Mary Ainsworth.
http://www.centropsicologiatorino.com/2010/12/teoria-dellattaccamento-2.html
3) L’attaccamento madre – bambino, i modelli operativi interni e l’esperimento “Strange Situation”:
http://www.giovannibertanza.it/glossario/attaccamento_madre-bambino_3.php
4) Una spiegazione chiara e sintetica riguardante i quattro tipi di attaccamento dei bambini nei confronti dei genitori:
http://www.mentesana.it/bambini-othermenu-17/41-il-comportamento-di-attaccamento.html
5) Educare i bambini al rispetto delle regole: un approfondimento con dieci situazioni tipiche in cui bisogna saper dire “no” presentate dalla psicoterapeuta Asha Philips.
http://www.nostrofiglio.it/bambino/bambino-1-3-anni/psicologia-3-6-anni/educazione-bambini-i-no-che-aiutano-a-crescere
6) Nell’articolo viene approfondita la differenza tra comportamento autorevole e autoritario e sono presentati gli effetti di questi diversi stili educativi sul bambino:
http://www.mentesana.it/la-salute-mentale-othermenu-12/221-stili-genitoriali-a-confronto.html
7) Come e perché i genitori sviluppano comportamenti morbosi verso i figli? Quali sono gli effetti sul bambino? Ecco un approfondimento:
http://www.pianetamamma.it/il-bambino/sviluppo-e-crescita/genitori-troppo-presenti-problemi-figli.html
8) Come si instaura l’attaccamento tra il bambino adottato e i suoi nuovi genitori, i possibili comportamenti antagonistici del bambino, una loro spiegazione e consigli per affrontarli:
http://www.italiaadozioni.it/?p=6804
9) Modelli di attaccamento nel bambino adottato in seconda infanzia e nelle madri adottive. Vengono proposte soluzioni per superare i comportamenti ostili del bambino ed è presentato il caso di Roxana, una bambina adottata all’età di sei anni.
http://www.funzionegamma.it/wp-content/uploads/05_Zavattini.
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